Titolo:
Storia dei miei fantasmi (Racconti)
Autore:
Francesco Borrasso
Edito:
CaffèOrchidea
Francesco Borrasso esce
oggi in libreria con questa raccolta di racconti che custodisce in sé parole
medicamentose dalle quali, tuttavia, è inevitabile lasciarsi inghiottire. Il
fil rouge che tiene assieme queste storie è sicuramente quello delle emozioni,
nella loro più vasta gamma di sfumature. Volendo citarne alcune, dapprima ci si
ritrova a fare i conti con il riconoscimento dei sentimenti grumosi, addensati
dagli addii:
“Il dolore bambino era
formato da tutti i ricordi bianchi, tutte le scene, gli odori, tutti i sapori,
i visi, tutti i sorrisi, le giornate di sole, e la pioggia che non serviva; ho
provato con la mano ad accarezzargli i capelli, è scappato via, (…).
(…)
“Il
dolore uomo è stato più feroce ma meno teatrale; più rapido, più servizievole.
Ci siamo riconosciuti subito; nella certezza di avere dei limiti,
nell’approvare le nostre debolezze, nell’affrontare una perdita facendoci
aiutare dal corpo.”
Poi arrivano l’angoscia
e lo smarrimento lasciati in eredità dalle separazioni premature, tra cui quella
violenta dal proprio padre; il racconto di ciò che nel tempo si è diventati:
delle acquisizioni, delle mancanze, del caro prezzo delle cose taciute:
“Tu
lontano ad osservare, io, su due ruote. Questo momento è identico, come istruirsi
per quella magia una seconda volta, imparare a farcela, senza di te. Certo, ora
sei alle mie spalle, ma mi basta un movimento, un gesto veloce del busto, un
braccio che si alza e prova a stringere, per abbracciarti; sei talmente vicino
che dalla schiena puoi toccarmi il cuore.”
La malattia e la necessaria
e lucida convivenza con i sintomi:
“Ma
so che la depressione è una porta, e se la apri una volta, devi sempre stare
molto attento a non perdere la chiave, non di certo per poterla riaprire,
quella porta, ma per poterla richiudere, nel caso in cui si riapra da sola.”
E poi ancora, ci si addentra tra le pieghe degli amori acerbi e di quelli fumosi e sfuggenti da voler proteggere
a ogni costo, anche quando a lottare si è rimasti i soli; la chiusura, le cose
non dette per tempo:
“Resta, ti sussurro. Lo faccio piano, con il cuore che salta un battito,
con la gola che si chiude per paura di ingoiare, con lo stomaco che si riempie
di cemento; i miei movimenti sono densi, pieni di colla.”
I fantasmi che tornano
ogni notte a dichiararci guerra a conferma di tutti i grovigli interiori
irrisolti:
Il
loro primo bacio era stato una rincorsa, un bacio pieno di paura e
consapevolezza; uno spostamento di prospettive.”
Perché i fantasmi delle
persone che si lasciano andare continuano a vagare nella nostra testa
appropriandosi delle fattezze delle possibilità che non ci siamo concessi.
“Ogni
storia d’amore ha il suo grado di imperfezione, e in alcune, vincono i
fantasmi.”
Borrasso ci avvolge nei tessuti delle apparenze, delle distanze, tra
le ossessioni; e la morte raccontata in un modo che annoda le corde più intime
dell’essere umano:
“Mio nonno è deceduto,
siamo in cucina e all’esterno il giorno sta finendo. È inverno, le strade piene
di addobbi. Mio padre indossa un maglione nero, a collo alto. (…) È fero sulla
sedia, mi rendo conto delle sue mani che tremano un poco, me ne accorgo da
terra: sono vicino al fuoco, sul tappeto, e sto leggendo, non ricordo il titolo
del libro ma mi è rimasta la sensazione di solitudine.
«Pà’». La mia voce pare
una violazione. Un rumore scagliato contro il silenzio sacro.
Lui si volta, abbassa
gli occhi e li punta su di me; il suo corpo si porta dietro il racconto del
lutto, l’accettazione difficoltosa, sussurra l’epifania di un percorso.”
(…)
“Il morto ha il viso
fermo, battuto dal buio; è stato un elemento di salvezza nelle notti bambine,
quando qualcuno, agitato dagli incubi, chiamava il suo nome; davanti al volto
compariva il suo sorriso che traboccava sonno, metteva una mano sul petto come
a voler calmare il battito della paura.
È anche la gola, questa
nel collo della camicia, da cui sono venute fuori tutte le parole.”
E
quegli allontanamenti salvifici che arrivano proprio nel momento in cui
l’alternativa sarebbe sprofondare:
“Lui le posa un bacio
sulla fronte. Lei si apre in un sorriso dolce, e nella camera c’è la quiete dei
giorni finali.”
Francesco Borrasso è nato a Caserta nel 1983.
Si è diplomato in regia cinematografica alla scuola di cinema napoletana: Pigrecoemme.
Ha esordito nel 2016 con il romanzo La bambina celeste, edito dalla casa editrice Ad est dell'equatore. Scrive su Nazione Indiana e cura la rubrica La bellezza nascosta per SulRomanzo.
La
scrittura di Borrasso rasenta la poesia, è ricca di metafore, di slanci di una
suggestione e un fascino davvero introvabili.
“Ho combattuto per te
come si combatte per la propria vita, ho sfidato la ragione per dare ascolto
solo e sempre al mio cuore.”
Credo
ci sia riuscito appieno.
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