mercoledì 25 ottobre 2017

Voglio vivere una volta sola di Francesco Carofiglio (Recensione)



Testo: Voglio vivere una volta sola
Edito da Piemme (2014)


“Io non sono un angelo. Non volo, non sono capace.
Mi muovo per le strade di pioggia e mi bagno. Mi siedo sulla sedia libera nella stanza.
Non mi ricordo altre vite. Soltanto questa, la nostra vita.”

Violette é una bambina mai nata, che vive grazie ai pensieri che le dedica la sua famiglia; una madre eccessivamente premurosa, due fratelli maschi che la avrebbero desiderata per motivi assai diversi tra loro, e un padre indaffarato nel lavoro e quasi del tutto incapace di assumersi la responsabilità del suo ruolo genitoriale.
La narrazione è ambientata in diversi luoghi cui la famiglia si ritroverà a vivere per necessità di vita/lavoro: Roma, Parigi, e una piccola città della Bretagna dove si concluderà la storia. La trama si muove lungo dei binari che stanno a metà tra il poetico e il surreale; l’evolversi catastrofico di vicende di vita familiare che si concluderanno con due allontanamenti e un abbandono.
Violette segue questo evolversi dei fatti mantenendo sempre viva in sé la speranza che la sua famiglia non stia cadendo in rovina, e che non smettano di alimentare quei pensieri di lei che la tengono ‘in vita’. “Smetterò di esistere quando l’ultimo di loro smetterà di pensarmi”, dice la bambina a un certo punto della storia. E questo accadrà, nel più romantico dei modi.
Quella di Carofiglio è una scrittura semplice, discreta, e con una nota poetica. I paragrafi sono ariosi, i dialoghi non eccessivi e mai scontati.

Una volta, molti anni fa, papà ci disse che la morte non esiste. Che nasciamo e moriamo, sì, ma alla fine quello che resta rimane nei pensieri, o nel cuore.
«Cos’è quello che resta, papà?»
«Quello che tieni con te, Jean. Quello che vuoi conservare.»
«E se mi dimentico?»


Federica Lombardozzi Mattei

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