Titolo: Felici
diluvi
Autore: Graziano Gala
Edito
da Musicaos Editore
“A te, che ho
tenuto alla fine e che sei l’Inizio. A te, che mi hai preso rotto senza
preoccuparti di quanti fossero i cocci. A te, che mi stai insegnando un respiro
alla volta che non ci sarà mai abbastanza pioggia per un ombrello ben
costruito.”
Inizio dalla fine, dai ringraziamenti che ho amato quanto i racconti, quattordici in tutto,
attraverso i quali Graziano Gala racconta la vita guardando oltre il visibile,
la superficie, l'immaginabile.
Per cominciare, l’Applauso a un uomo che non si arrende al
suo presente, che scavalca a mani nude il muro di un destino che sembra inevitabile, come a voler dare concretezza alla convinzione che le passioni, per quanto indebitamente sottratte, riescano a farsi strada
ugualmente insinuandosi tra delle fessure piccolissime, tra le crepe di ciò che si è deciso
di non abbandonare:
“Le mani che scivolano sul bianco un po’ ingiallito
dei tasti, poi più calde, certe, tranquille. I topi, i senzatetto, gli
avventori dei locali in chiusura che si fermano ad ascoltare. (…)
Sui balconi, dalle finestre, qualche curioso. Poi
qualche altro. Poi sempre di più, compresa una volante. Il cuore che pigia i
tasti, la mano che frena i battiti – e sono troppi, e Marco non sa se è in
grado di reggerli – il pubblico, impigiamato, che ascolta. Una vecchia, dal
balcone, che fa battere ritmicamente i due palmi delle mani.”
E poi c’è
Maimondo Ruccellai, un uomo che ha sempre tentato di contenere l’acqua, di domarla, arginarla, deviarla e che d’improvviso si
ritrova sommerso:
“L’acqua, la stessa acqua che gli aveva dato da
mangiare prima e lo aveva arricchito poi, si stava improvvisamente riprendendo
tutto.”
E quel buffo di Goffredo
Rubagozzi che nel paese Orologi, in qualità di capo condomino, gode del
privilegio di essere esente dal pagamento dell’elettricità e che, a un certo
punto, si ritrova al buio, un buio impraticabile, disarmante e spaventoso.
In Recumèterna
si racconta di un paese senza vita, Tulino, dove una vecchia ha fatto della
morte e dei funerali quasi un mestiere, una missione di soccorso allo sconforto.
Una “piangimorti”, un becchino e un prete che si ritrovano, loro malgrado, a
fare i conti con la disillusione delle proprie aspettative.
“Stava morendo Tulino, e di fretta. Nessuna nascita,
nessun matrimonio, neanche qualche sparuta convivenza: qui si veniva soltanto
a finire.”
(…)
“Calma. Non è ancora mezzanotte. E si fingeva calma
RoSara, si fingeva calma, ma ribolliva nelle ossa stanche e decrepite. Come mai
tanto inspiegabile ritardo, come mai tanta titubanza nel regolare svolgersi
degli eventi?”
(…)
“Che sudata, stasera, ecco, per arrivarne a capo.
Una corsa. La vecchia che si precipita, a suo modo, verso una macchina
certamente portatrice di notizie – e son venti metri concitati, ve lo giuro, perché
a ottant’anni suonati anche venti metri richiedono il loro tempo.
Avvicinandosi, nessun morto. Anzi due giovani.
Sanissimi. Sorridenti. Un Ridolfo sorpreso e imbarazzato. Il fiato corto, della
vecchia. La fronte del becchino più lucida del solito.
I neon, sullo sfondo, con la loro luce da fermo in
questura.”
In La figlia di
Blasi, alcune lavatrici/asciugatrici prendono possesso di vissuto e sentimenti,
di pensieri e di desideri attraverso la mente del proprietario, Goffredo
Mammoni. È come se la lavanderia fosse un paese e i macchinari i suoi abitanti e, come in una piccola comunità, anche in questo posto non manca nulla, nemmeno la
comprensione di-e-per la fine, o i cuori straziati dall’addio:
“Completiamo tutti il nostro compito: le operatrici
finiscono di lavorare, gli asciugatori di asciugare, io di piangere.”
Dunque, un uomo
che strappa ai condomini del suo palazzo le poche certezze coltivate a fatica, situazioni al limite del grottesco in cui chi-salva-chi lo si capisce
solo a ridosso delle ultime battute; personaggi che sopravvivono all’estraneità
di un luogo che è anche – o soprattutto – un luogo interiore.
E poi ancora, avanzando tra le pagine, l'autore si muove in modo che vengano palesati, con puntualità e consapevolezza, tutti quei buoni sentimenti non ereditati ma conquistati a suon di tenacia e necessaria rettitudine, come pure le cose perdute con rammarico e quelle perse per sana volontà:
E poi ancora, avanzando tra le pagine, l'autore si muove in modo che vengano palesati, con puntualità e consapevolezza, tutti quei buoni sentimenti non ereditati ma conquistati a suon di tenacia e necessaria rettitudine, come pure le cose perdute con rammarico e quelle perse per sana volontà:
“Sedici anni dopo, un uomo, ritrova il suo sorriso.
E il suo sorriso è una tazza, una busta di cartone, un biglietto aereo
pizzicato dal caffè. E il suo sorriso, questa volta, non si può più sequestrare.
Entrate pure nel locale, in attesa di confisca:
sessanta metri calpestabili, due chiodi dentro al muro, un chiavistello
arrugginito, due fornelli d’emergenza, del vento alle finestre.
Entrate vi dico: non vi aspetta più nessuno.
Solo due sedie, innamorate, sul ciglio della strada.”
Vi rimando alla biografia cliccando sul nome dell'autore linkato in alto.
Mi sembra invece opportuno evidenziare che:
- il racconto L'Applauso è stato segnalato dall'associazione "Onalim" in relazione all'evento Piano City Milano 2016 e letto nella scuola di scrittura Belleville;
- il racconto Sabotare il silenzio è stato incluso nell'antologia "Viaggi senza confini" (Testi&Testi) ed è risultato Terzo Classificato nel concorso "Fuori dal cassetto";
- il racconto Rumori da basso è stato incluso nell'antologia "Viaggi in punta di penna";
- il racconto Sentir messa è risultato Terzo Classificato al "Premio Letterario Nazionale Bukowski" nel giugno 2015.
La mia impressione è che Gala riesca, senza alcuno sforzo, a dare forma alle particelle emotive che fluttuano nella vita di ciascuno di noi: le condensa, gli conferisce corposità, vita e movimento. Adopera sapientemente ironia, empatia e circostanze rimanendo sempre lontano dalla retorica e dalla polemica. Offre uno sguardo alle cose che è pulito, protetto dalle impurità che, nostro malgrado, ci minacciano costantemente e lo fa avvalendosi di una scrittura melodiosa e asciutta, serena, densa ma mai pesante.
Non credo di discostarmi troppo dalla verità affermando che quella di Gala sia la migliore raccolta di racconti finora scritti da un esordiente, un mixage (ben riuscito) in cui sono amalgamati l'ottima scrittura, la potenza dei contenuti e uno sguardo attento e consapevole sul mondo.
Vi rimando alla biografia cliccando sul nome dell'autore linkato in alto.
Mi sembra invece opportuno evidenziare che:
- il racconto L'Applauso è stato segnalato dall'associazione "Onalim" in relazione all'evento Piano City Milano 2016 e letto nella scuola di scrittura Belleville;
- il racconto Sabotare il silenzio è stato incluso nell'antologia "Viaggi senza confini" (Testi&Testi) ed è risultato Terzo Classificato nel concorso "Fuori dal cassetto";
- il racconto Rumori da basso è stato incluso nell'antologia "Viaggi in punta di penna";
- il racconto Sentir messa è risultato Terzo Classificato al "Premio Letterario Nazionale Bukowski" nel giugno 2015.
La mia impressione è che Gala riesca, senza alcuno sforzo, a dare forma alle particelle emotive che fluttuano nella vita di ciascuno di noi: le condensa, gli conferisce corposità, vita e movimento. Adopera sapientemente ironia, empatia e circostanze rimanendo sempre lontano dalla retorica e dalla polemica. Offre uno sguardo alle cose che è pulito, protetto dalle impurità che, nostro malgrado, ci minacciano costantemente e lo fa avvalendosi di una scrittura melodiosa e asciutta, serena, densa ma mai pesante.
Non credo di discostarmi troppo dalla verità affermando che quella di Gala sia la migliore raccolta di racconti finora scritti da un esordiente, un mixage (ben riuscito) in cui sono amalgamati l'ottima scrittura, la potenza dei contenuti e uno sguardo attento e consapevole sul mondo.
(Illustrazione di copertina "The cimitery of umbrellas II" di Stefano Bonazzi.)
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