sabato 15 giugno 2019

Il rito del fuoco (Recensione)

Titolo: Il rito del fuoco
Titolo originale: The last child
Autore: John Hart
Traduzione: Monica Pezzella, Daniela Pezzella
Edito da Nutrimenti



Johnny aveva imparato presto. Se qualcuno gli avesse chiesto perché era diverso dagli altri, perché era così impassibile e perché i suoi occhi sembravano ingoiare la luce, avrebbe risposto così. Aveva imparato presto che non c’erano luoghi sicuri, neanche il cortile, il giardino e il portico di casa, nemmeno la strada tranquilla che tagliava il confine della città. Nessun posto sicuro, e nessuno a proteggerlo.
L’infanzia era un’illusione.


Johnny è un tredicenne che si ritrova d’improvviso a dover fare i conti con l’assenza fisica di sua sorella Alyssa, rapita in circostanze sospette e poco chiare, un padre che ha abbandonato la famiglia perché incapace di sopportare il rimorso di non aver saputo evitare il rapimento e una madre chiusasi nei suoi tormenti, nel suo dolore, che non adempie più ai suoi doveri di genitore, neppure quelli affettivi, vittima di un uomo che sembra più odiarla che volerle bene.


Conoscevano Ken da moltissimo tempo; ma in realtà non lo avevano mai conosciuto. Il padre di Johnny era un appaltatore, per il quale Ken aveva costruito quartieri interi. Insieme avevano lavorato bene perché suo padre era sveglio e competente, e perché Ken era abbastanza furbo da rispettarlo. Per lo stesso motivo, Ken era sempre stato gentile e corretto anche dopo il rapimento, finché il padre di Johnny non aveva più retto il dolore e il senso di colpa. Ma quando il padre di Johnny se ne era andato, il rispetto di Ken era sparito, e lui aveva cominciato a presentarsi in casa loro molto più spesso. Adesso era lui che comandava. Sua madre ne era completamente succube: la costringeva a non vedere nessuno e la lasciava libera di bere e imbottirsi di farmaci.



Johnny si fa caparbio e intrepido, elabora teorie sul rapimento di Alyssa, indaga parallelamente e di nascosto dalla polizia e dal detective Hunt, di notte visita luoghi pericolosi ai margini della contea, guidando l’auto di sua madre, e raccoglie indizi, talvolta ricercando la complicità del suo migliore amico Jack Cross.

La gente non ci stava con la testa. Questo il poliziotto doveva saperlo bene. Johnny non ricordava neanche più quanti erano gli steccati e le finestre da cui aveva sbirciato. Si era presentato a casa della gente a ogni ora del giorno e della notte, e aveva visto cose assurde. Cose che gli uomini facevano quando erano soli e pensavano di non essere osservati. Aveva visto ragazzini sniffare droga e vecchi mangiare cibo raccolto dal pavimento. 
(…) 
Ma Johnny non era uno stupido. Sapeva che i matti possono sembrare normali. Per questo stava attento a non farsi vedere. Le scarpe ben allacciate e il coltello in tasca.
Johnny afferrò Jack per la camicia e lo sollevò. “Muoviti”, disse.
“Dove andiamo?”
“Tu muoviti e basta”.
Lo trascinò fino al pickup. “Aspetta qui”.
“Amico…”.
Ma Johnny non lo ascoltava. Incurante delle pattuglie della polizia, provò ad aprire la portiera del furgone di Steve. Chiusa a chiave. In giardino, staccò un blocco dal marciapiede già mezzo rotto. Tornò dritto al furgone, il mattone nella mano destra alzata. Spaccò il finestrino, infilò un braccio all’interno e aprì il vano portaoggetti. Poi tornò al pickup, agguantò la bottiglia dalla mano di Jack e la scagliò nel buio. Allungò a Jack la scatola di cartucce. “Tieni queste”.
“Che roba è?”
“E questa”. Gli cacciò in mano la pistola.
“Oh, merda”.
Johnny aprì la portiera e puntò gli occhi sull’amico. “Ci vieni stavolta?”
“Oh, ‘fanculo”, disse Jack, e Johnny mise in moto.

Johnny impara alla svelta a dover fare da solo, a fare i conti con la solitudine, a capire quanto sia debole e impenetrabile e cupo l’animo delle persone; incontrerà uomini folli, come Freemantle e i suoi riti, la paura dei corvi, dei fulmini, della propria debolezza. Vedrà da vicino la morte, conoscerà la sofferenza ma, al contempo, imparerà la riconoscenza, l’affetto incondizionato, il perdono.




John Hart è autore di sei romanzi, pubblicati in trenta lingue e oltre settanta paesi. Unico scrittore nella storia a vincere per due volte il prestigioso Edgar Award, è stato premiato anche con il Barry Award, il Southern Independent Bookseller’s Award for Fiction, lo Ian Fleming Steel Dagger Award, il Southern Book Prize e il North Carolina Award for Literature.


In questa narrazione, evocativa e carica di suggestione, prendono forma e corpo delle ambientazioni campestri particolareggiate, descrizioni puntuali e precise che non scadono mai nella noia o nella ridondanza; personaggi tenacemente caratterizzati dai quali il lettore ha l’impressione di potersi aspettare di tutto.
La trama è ben articolata, intrecciata su fili solidi ben incastrati in un telaio di robusta qualità. Il finale mi ha sorpresa, rapita, impressionata.
In questo thriller, assolutamente strepitoso, non si ha la risoluzione del caso (o forse sarebbe meglio parlare al plurale) se non alle ultime battute.
Nessuno sembra essere ciò che appare, nessuno al sicuro, nessuno mai del tutto innocente.


Federica Lombardozzi Mattei
#thrillernord


Nessun commento:

Posta un commento